Quando il calcio è metafora della vita

Il calcio può essere metafora della vita. Lo è stato tantissimo nei giorni scorsi e Balotelli ci ha dato lo spunto per riflettere e fare il punto su dove siamo arrivati e dove stiamo andando. È opportuno fare una premessa perchè non è scontato che tutti conoscano Mario Balotelli.

Mario è un calciatore italiano, forte, fortissimo, dal carattere e dagli atteggiamenti a volte sopra le righe e per questo in certi casi il suo rendimento in campo ne ha risentito in negativo, per questo da molti è stato giudicato non solo per le sue qualità tecniche ma anche per altro. Ah, dimenticavo, Mario (detto Supermario) è un ragazzo di origini Ghanesi quindi fra gli altri motivi per cui ha fatto sempre parlare di se, c’è anche il fatto che la sua pelle è nera.

La sua pelle è nera, ma purtroppo non tutti riescono a considerarla una semplice caratteristica come potrebbero essere gli occhi azzurri o i capelli biondi. Sarà banale ma nessun tifoso allo stadio ha mai gridato in coro all’avversario: “non esistono biondi italiani”, mentre un vergognoso “non esistono neri italiani” è stato urlato, e da molti viene pensato anche fuori dagli stadi.

È la storia di Mario che mi ha fatto conoscere per la prima volta la questione “ius soli”, perché Mario già a 16-17 anni faceva parlare di se, non ancora maggiorenne esordisce in prima squadra con l’Inter, in pratica diventa famoso e giocatore fenomenale ancor prima di diventare italiano. Si, diventare, perché fino al compimento del 18esimo anno non lo è stato, italiano, secondo l’assurda legge. E cos’era allora? Lui che è nato a Palermo e parla bresciano perché da piccolo si è trasferito ed è cresciuto a Brescia? Cos’era lui che il paese di origine dei suoi genitori naturali lo aveva visto solo in foto? E cosa sono tutti gli altri ragazzi che si trovano nella sua condizione?
Evidentemente questa domanda non merita ancora una risposta. Non a tutti basta essere italiani per… essere italiani. A cosa serve lasciare, un bambino prima e un ragazzo poi, in questa sorta di limbo (o purgatorio), in questa mancata riconoscenza di un’identità che naturalmente ha, ma che per legge gli viene negata. Davvero non se ne capisce il senso. Semmai la sensazione è d’imbarazzo nei confronti di questi ragazzi. L’unica possibilità è un cambiamento di rotta deciso e delle scuse vere e forti.

Tornando a Mario, dopo una lunga lontananza dalla nazionale per motivi tecnici (caratteriali?) viene nuovamente convocato. Ha fatto un paio di buone stagioni, sembra (è) cresciuto, maturato. Si è guadagnato il suo ritorno, gioca e segna pure, tutti aspettano la balotellata, ma lui è tranquillo, fa parlare di se per il campo e le sue giocate.
Ah, dimenticavo, Mario è ormai uno dei veterani, uno di quelli con più presenze in nazionale, addirittura rischia di indossare la fascia di capitano. Boom, si parla ancora di Mario per motivi extra-calcistici, qualcuno dice che l’Italia non può essere rappresentata da un ragazzo con la pelle nera, (va bene la maglia, grazie tante per i gol, ma capitano no!). Qualcuno lo scrive anche, in uno  striscione (esposto durante l’amichevole Italia – Arabia Saudita), fatto rimuovere ma quando ormai il mondo aveva visto: il mio capitano è di sangue italiano.

Mario risponde sui social con un: Siamo nel 2018 ragazzi! Basta! Svegliatevi per favore! Non si può lasciare troppo campo (fuor di metafora) agli stupidi e ai razzisti, quindi ragazzi, svegliamoci e in fretta.

Antonino Alfò

photo credit: NazionaleCalcio Retroscena Conte – Balotelli. Hanno litigato non era infortunio! via photopin (license)

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