Agricoltura nella Piana del Sele. Ripensare il modello di sviluppo

EBOLI – È stato ricco di spunti di discussione l’incontro “L”agricoltura della Piana del Sele e la sfida della sostenibilità ambientale e aziendale”, tenutosi ad Eboli alla presenza del Sindaco Mario Conte e della Sindaca di Battipaglia Cecilia Francese.


I cambiamenti repentini che hanno attraversato e continuano ad interessare il settore agricolo – sottolineano gli organizzatori – sono un dato incontrovertibile. Il passaggio necessario da un’agricoltura convenzionale ad un’agricoltura eco- sostenibile socialmente non può essere trascurato. Questo in virtù di una maggiore attenzione all’uso di risorse naturali come l’acqua, all’assetto idrogeologico dei territori, alla difesa dei produttori, dei consumatori, del paesaggio e della biodiversità. Una Agricoltura e una PAC più’ attenti all’area del Mediterraneo.

Tali aspetti sono emersi dagli interventi che si sono succeduti. Daniele Petrone dell’Associazione Società’ Agricoltura e Progresso, Vito Aita della rete Mediterranea Passione, Gianfranco Nappi della Rivista Infiniti Mondi, Michele Bianco Dottore agronomo, Adriano Gallevi ANFOSC.

Il punto focale ha riguardato un necessario ripensamento del modello di Sviluppo che ha fatto conoscere la Piana del Sele su tutti i mercati, ma che oggi vede un progressivo esaurimento della spinta propulsiva della serricoltura, che ha prodotto si ricchezza, ma concentrata in poche mani e di soggetti in gran parte provenienti dal nord.

Quale modello per il futuro? Non quello che rischia di desertificare il territorio. Ma piuttosto un modello meno intensivo, che coniughi il rispetto delle vocazioni agricole, del lavoro in Agricoltura, dell’ambiente e dell’innovazione con la capacità dell’impresa di produrre reddito.

Un modello resiliente rispetto alle emergenze globali. In cui l’apporto tecnologico non mortifichi il fattore umano, che in agricoltura resta imprescindibile. A tali obiettivi andrebbe rimodulato il PSR, essenziale forma di sostegno al settore primario, coinvolgendo le Università’ e i Centri di ricerca.

Prima dell’avvento delle serre la Piana del Sele era riconosciuta universalmente per la sua capacita’ adattiva, per la frutticoltura e per il pomodoro. C’è’ bisogno di un modello che punti sulla qualità’ delle produzioni, attivando come chiede l’Unione Europea partenariati a livello locale.
Un aspetto fondamentale e la ricerca del giusto equilibrio tra le zone più’ urbanizzate e le aree interne della Piana.
Renzo Piano sottolineava come in opposizione alla zone urbanizzate non c’è’ la campagna ma il deserto. Nelle aree interne montane e’ concentrata la gran parte della nostra biodiversità’.

Anche nel comparto zootecnico e’ necessario un ripensamento rispetto alla monocoltura del mais, che richiede un abnorme consumo di acqua. Il ritorno all’alimentazione da pascolo eleva la qualità’ del latte prodotto e dei suoi derivati. Inoltre c’è’ la scottante questione dello smaltimento dei reflui zootecnici che pesa come un macigno sulle nostre zone, con il possibile intervento sanzionatorio dell’Unione Europea.

L’importanza della riscoperta dei nostri semi, in alternativa a quelli imposti dalle multinazionali. Come e’ avvenuto con i grani antichi che guardano al futuro.

Un contributo alla discussione e’ venuto dal Presidente del Consorzio di Bonifica Vito Busillo incentrato sulla leadership della nostra Agricoltura, sulla serricoltura e l’impermeabilizzazione del territorio.

Rosa Pepe del CREA invece ha sottolineato l’importanza dei contadini custodi del territorio e della stagionalità per la biodiversità in Agricoltura.

Tutto questo ampio ventaglio si riconduce ad un unico tema, che vede la difesa della Piana come polmone verde della Regione Campania, e baluardo di sovranità alimentare e territoriale.
A tale proposito chiediamo un confronto con i Sindaci della Piana e la Regione Campania, con l’obiettivo di creare un osservatorio sui cambiamenti e le evoluzione dell’agricoltura della Piana del Sele e sulle ricadute economiche sociali ed ambientali.

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