Un diffuso senso di scoramento ci pervade: è trascorso un anno da quando, per la prima volta, ci siamo dovuti confrontare con l’impatto del Covid-19 sulle nostre vite e siamo, ora, alle prese quella che viene definita “reazione da anniversario”.
Gli anniversari ci mettono sempre di fronte a noi stessi: è come se ci esortassero a fare bilanci, paragoni con i noi stessi di un anno prima, rivedere i traguardi raggiunti, le intenzioni che non hanno trovato attuazione, le speranze disattese, le novità che sono arrivate nella nostra vita, le perdite che ci hanno colpito.
Quest’anno è stato particolarmente difficile e faticoso. La pandemia ha creato uno spartiacque nella nostra esperienza, dividendo la vita di ognuno di noi in un prima e un dopo: improvvisamente, il mondo che conoscevamo fino al giorno prima, fatto di relazioni, incontri e abitudini consolidate (scuola, sport, associazionismo, tempo libero) è divenuto lontano, proiettato in un passato remoto cui non era più possibile accedere. Questo cambiamento brusco e inatteso ha avuto un impatto su tutti noi, un impatto che non si è limitato al mero rischio di un contagio fisico ma che ha investito anche il nostro senso di identità (così strettamente legato alla socialità), il nostro senso di sicurezza, la nostra progettualità, la capacità di stare nelle relazioni, di amare, di essere felici.
La sensazione che prevale oggi, dopo un anno, è quella che nulla sia cambiato: il tempo sembra aver perso la sua rappresentazione lineare ed essersi accartocciato su se stesso. “Siamo di nuovo al punto di partenza” è il vissuto di molti, acuito dal fatto che tanti progetti, tante intenzioni (matrimoni, trasferimenti, nuove attività) sono stati rallentati se non fermati dalla pandemia.
La reazione da anniversario, questo attuale stato di scoramento, tuttavia, rappresenta un invito a guardare più a fondo dentro di noi. All’evento “Covid-19” non ha fatto séguito un periodo di vera e profonda elaborazione: distogliendo l’attenzione dal nostro mondo interno, abbiamo cercato di impiegare il tempo, di barcamenarci nel carico aggiuntivo di cose da fare, di essere flessibili rispetto ai continui cambiamenti, in sintesi, di adattarci. Non abbiamo avuto tempo o modo o sufficienti risorse per reagire ad un evento negativo e impattante, prendendoci il giusto tempo e spazio di elaborazione.
L’anniversario dell’evento “Covid-19”, quindi, è arrivato portando con sé reazioni lasciate in sospeso: emozioni più intense, ricordi più vividi; in alcuni casi, la comparsa di sintomi quali inappetenza, difficoltà a concentrarsi, rabbia, insonnia o ipersonnia, vissuti di isolamento affettivo; talvolta, la manifestazione di vere e proprie sindromi ansiose e depressive.
Questa “reazione da anniversario” sgradevole, della quale vorremmo liberarci con urgenza, in realtà, può rappresentare un’occasione di crescita, darci l’opportunità di rivedere il reale impatto che gli eventi di un anno fa (e quelli susseguitisi durante questo lungo e oneroso periodo) hanno avuto dentro di noi. È solo accogliendo questo invito a ripartire da noi stessi, dal nostro mondo interno che potremmo poi guardare con uno sguardo più limpido alla realtà, accorgerci che non stiamo rivivendo lo stesso film in un drammatico déjà-vu, liberarci dalla sensazione di essere immersi in qualcosa di stagnante e tornare a sentirci attori della nostra esistenza, andando avanti comunque con i nostri progetti, crescendo ed arricchendosi anche di questa esperienza. E mantenendo viva la speranza.
L’immagine, tratta da “Labirinto dell’anima” di Anna Llenas – Edizioni Gribaudo, rappresenta “la Speranza”, così descritta dall’autrice e illustratrice:
«Sono la tua àncora, timone, faro, guida, stella.
Avere speranza significa confidare sul fatto che sempre ci sarà una soluzione possibile contro le difficoltà, non importa quanto possiamo vedere tutto nero. La speranza ci invita a non perdere l’ottimismo, la pazienza, la calma e a perseverare finché non arriveranno tempi migliori.
La speranza è stata simboleggiata in molte forme: un colore, un dettaglio, un’immagine… La puoi sentire come un segnale o un esempio, come un punto di luce nell’oscurità che ti indica il cammino da seguire… qualsiasi elemento al quale aggrapparti per tirare avanti.»
Alessandra Anna Cineglosso
Psicologa – Psicoterapeuta