Una necessaria rotta contraria.

La traversata | Autore: Francesco D’Adamo| Editore: Il Castoro | Anno di edizione: 2021 | Isbn/EAN: 9788869667091

AOSTA – È una rotta contraria, quella che Francesco D’Adamo ci racconta in La traversata, romanzo per ragazze e ragazzi (ma non solo) edito da Editrice Il Castoro; la narrazione di una navigazione inversa, dalle coste dell’Italia a quelle dell’Africa, nella quale le geografie sono sfumate, oniriche, ma non per questo meno importanti né trascurabili. La storia è di una tenerezza straziante: un vecchio marinaio assiste al naufragio di un’imbarcazione.

Di fronte alla tragedia in atto, come molte di quelle che quotidianamente ci riempiono gli occhi ma che ci anestetizzano sempre più, tutto il paese si mobilita e – forse – tutte le persone riescono a mettersi in salvo sulla spiaggia. Subito, la fuga; la scomparsa nell’oscurità di queste figure che hanno poco di umano, nella fretta e nella paura. Forse c’è un bambino, ma il marinaio non ne è tanto sicuro. Di lui, rimane solo uno zainetto, una reliquia materiale che contiene dei tesori tanto banali quanto imprescindibili. Da qui, dal desiderio di riportare quello zainetto alla madre, per rassicurarla sulla salvezza del figlio, si squaderna la narrazione.

“La traversata” è il racconto di un sogno, di un viaggio onirico che non per questo si concreta meno vero. Ezechiele, il marinaio, parte con la sua Esmeralda, e a bordo ha anche il nipote Tonino (che, in realtà, è oramai un uomo e vive in Svizzera, con il padre emigrato e la madre) e il cane Spaghetti. A guidare Ezechiele, in un sogno dentro il sogno, c’è Caterina, la moglie, oramai morta ma che continua a tenerlo per mano e ad accompagnarlo in ogni istante della sua vita. L’immaginario si squaderna, in un viaggio a ritroso che segue, appunto, la rotta contraria: verso l’Africa, come unica traccia una foto, e la certezza di star compiendo un gesto necessario.

Quante persone muoiono in mare senza che nessuno le conosca? Senza che si sappiano i loro nomi? Senza che resti nessuna testimonianza? Quante persone diventano sterile e spersonalizzata contabilità? E quanto dolore sopravvive nei familiari, rimasti a casa, altrove, che non sapranno mai il destino dei loro figli, delle figlie, dei parenti? Ezechiele vuole rimediare a questo, almeno nei confronti di un bambino che ha intravisto, immaginato per una manciata di secondi, ma che così tanto gli ricorda quel nipote che non vede da molti molti anni.

Si imbatte anche in un’isola, L’isola che non c’è, che tanto ricorda Lampedusa: un approdo salvifico in mezzo a un mare grande, nemico. Qui, Ezechiele, Tonino e Spaghetti trovano un uomo, Lazaro, che si è assunto il compito di tenere traccia, compilare un elenco, delle tante persone che muoiono senza nome: l’isola è popolata dei loro sembianti, e quello che chiedono è un ricordo. Arriva subito, alla memoria, lo straziante canto della Pia de’ Tolomei nel V canto del Purgatorio dantesco: quel desiderio irrinunciabile e insaziabile di esser ricordati, nel mondo dei vivi, per la nostalgia di un corpo e di una vita strappata via troppo presto in modo violento (“Deh, quando tu sarai tornato al mondo, / e riposato de la lunga via”, / seguitò ‘l terzo spirito al secondo, / “Ricorditi di me, che son la Pia”).

Francesco D’Adamo racconta una storia semplice ma potente, un’immersione nel dolore altrui, nella necessità di compiere ogni più piccolo ma necessario gesto affinché l’umanità sia salva, protetta, tutelata, al di là di tutto. Si intreccia, a questa, la storia stessa di Ezechiele, migrante nel Nord Italia ma poi ritornato ai suoi orizzonti, perché la felicità non sta nel finto e freddo benessere: sta nella piena realizzazione di sé, della propria serenità. Questo vale per tutte e tutti, oltre il colore della pelle e sotto ogni cielo che pare, erroneamente, diverso.

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