Lunedì 28 dicembre 2020 è arrivata la condanna a 5 anni e 8 mesi di carcere per la 31enne Loujain Al-Hathloul, famosa attivista per i diritti umani in Arabia Saudita, dal 2014 animatrice del movimento “Women to drive” che chiede la fine della tutela maschile obbligatoria per le saudite e il diritto a guidare l’auto.
Loujain, che si più volte messa al volante, attraversando provocatoriamente il confine tra gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia, viene arrestata una prima volta nel 2014 e rilasciata dopo 73 giorni.
Nel 2015 si è anche candidata alle elezioni, quando per la prima volta la monarchia saudita concede alle donne l’elettorato attivo e passivo, ma il suo nome non viene mai aggiunto alle liste elettorali.
Al secondo arresto del 2018, si riferisce la condanna di questi giorni. Il 15 maggio, infatti, gli agenti fanno irruzione nella casa di famiglia di Riad e la portano via. Da allora è detenuta in tre diverse carceri, con imputazioni sempre vaghe e riferite prevalentemente al suo attivismo per i diritti delle donne, aver contattato organizzazioni internazionali, aver incitato a cambiare le regole del Regno, aver lavorato con la sua attività online per introdurre una agenda straniera in Arabia Saudita.
Il processo, dopo vari rinvii, sospeso per lungo tempo a causa della pandemia, si conclude col giudice che la ritiene colpevole di aver violato l’articolo 43 della legge antiterrorismo.
Il paradosso è che Loujain è stata in carcere per oltre due anni in relazione a un reato estinto dall’agosto 2019, grazie a un provvedimento del principe ereditario Mohamed bin Salman (Mbs).
In carcere Loujain subisce, inoltre, numerose violazioni dei diritti umani tra cui maltrattamenti, torture e violenza sessuale, per i primi tre mesi non può vedere familiari né avvocati e dal gennaio 2020 viene posta per diversi periodi in isolamento.
La sua difesa formale nel processo è presa dai suoi genitori, perché nessun avvocato si dichiara disponibile e quello che le viene assegnato sostiene di poterle garantire la liberazione solo se Loujain avesse negato pubblicamente di aver subito torture e minacce sessuali.
Tecnicamente la corte ha scontato dalla condanna gli oltre 2 anni e mezzo che la donna ha già trascorso in carcere, che, unita alla sospensione della pena di due anni e 10 mesi, potrebbe far tornare Loujain libera già a febbraio 2021.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia parla, senza mezze misure, di sentenza scandalosa. “Loujain”, che il portavoce di AI, che ritiene l’attivista una prigioniera di coscienza, “ha commesso l’unico reato di aver promosso e portato avanti campagne per riforme autentiche a favore dei diritti delle donne”.
Rimane una vicenda grave, assurda e tragica, che, tra l’altro, si intreccia con dinamiche di politica internazionale, in particolare i rapporti tra Arabia Saudita e la nuova amministrazione Biden, che da subito si è dichiarata fortemente critica nei confronti della detenzione di Loujain Al-Hathloul.