“Abusivismo edilizio, inquinamento, pesca illegale. I numeri e le storie dell’aggressione criminale alle coste e al mare del nostro Paese”, anche quest’anno raccolte nel dossier 2020 di Legambiente, Mare Monstrum. Il rapporto, realizzato dall’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente, riporta i dati che vanno dal primo gennaio al 31 dicembre 2019 e racchiude analisi e approfondimenti legati alla cementificazione nelle Coste, all’inquinamento marino e alla pesca illegale.
“Colate di cemento illegale, inquinamento delle acque, pesca di frodo”, nemici del mare che ad oggi continuano ad allarmare. I dati delle Forze dell’ordine e delle Capitanerie di porto relativi al 2019 confermano numeri “purtroppo in crescita rispetto al 2018, con oltre 23mila infrazioni accertate, 6.486 sequestri per un valore economico che ammonta a circa 520 milioni di euro e un incremento dei reati in generale del 15,6% rispetto al 2018 […]. Il 52,3% di tutte le infrazioni contestate si concentra in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria, ossia le cosiddette quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa”.
CEMENTO ILLEGALE- Tra le minacce di ieri e di oggi, accanto al cosiddetto “vecchio abusivismo” preoccupa il “nuovo”, alimentato da “coloro che, nonostante tutto, continuano a ritenere un diritto il godimento della vista mare dalla finestra di casa”. I reati legati al ciclo del cemento sono “il 42,5% del totale: 10.032 illeciti, 7550 persone denunciate o arrestate e 2684 sequestri nel corso del 2019. A guidare la classifica c’è sempre la Campania, con il 17,1% dei reati nazionali, seguita dalla Puglia, dal Lazio, dalla Calabria e dalla Sicilia. Non si salva dallo “sfregio dell’abusivismo” neanche la Sardegna, al nono posto della classifica del cemento illegale: “l’estate scorsa, la polizia locale di Golfo Aranci ha messo sotto sequestro due cottage vista mare scoperti a cala Sassari. Uno più modesto e uno dotato di ogni comfort, erano in un’area vincolata e sul demanio marittimo: nascosti dalla vegetazione, godevano di un accesso riservato al mare”.
INQUINAMENTO MARINO – “Dal livello della depurazione di ogni singolo territorio deriva lo stato di salute del mare antistante. E sotto questo punto di vista il nostro Paese naviga sempre in cattive, anzi pessime, acque”: l’inquinamento da cattiva depurazione, scarichi fognari e idrocarburi è indicato in “un totale di 7.813 infrazioni contestate nell’intero 2019, pari al del 33,1% delle illegalità accertante, con ben 9.433 persone denunciate e/o arrestate e ben 3.177 sequestri eseguiti dalla Capitaneria di porto e dalle Forze dell’ordine”. Secondo la Commissione Europea incaricata di vigilare “ci sarebbero 620 agglomerati in 16 regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) che da ben 13 anni violano palesemente le norme europee in materia di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane”. Dura la considerazione di Legambiente: “con le stesse risorse” – che andranno spese per pagare le sanzioni europee – “avremmo potuto mettere a norma il nostro sistema di depurazione, con beneficio per la qualità del nostro mare e la stessa offerta turistica. Invece siamo costretti a raccontare la solita storia di inadempienze, ritardi, irresponsabilità e sciatteria”.
PESCA DI FRODO – “il Mediterraneo è il mare più sfruttato”. Lo scorso anno “sono state sequestrate oltre 553 tonnellate complessive di pescato, con il Veneto che primeggia per pesce, caviale, salmone e tonno, con oltre 140 tonnellate (Veneto, Sicilia e Puglia coprono il 70,9% dei sequestri totali) e per datteri, crostacei e molluschi, con quasi 50 tonnellate (Veneto, Puglia e Sicilia coprono il 74,9% del totale). La Calabria, invece, spicca per sequestri di novellame, con quasi 3 tonnellate (Calabria, Sicilia e Puglia coprono il 79,8% del totale)”. Preoccupanti le parole dell’ecologo marino Boris Worm, docente presso l’Università di Halifax in Scozia, uno degli scienziati più citati nel campo della biologia marina e della biodiversità: “nell’anno 2048 (fra poco più di vent’anni), se il livello attuale di pesca dovesse proseguire senza l’imposizione di effettivi limiti, potremmo non avere più le specie di pesci delle quali ci nutriamo”.
Elena Mascia
photo credit: dossier Legambiente – MAREMONSTRUM2020)