Silvestre Loconsolo, partigiano, antifascista, fotografo e scrittore, si è spento all’età di 99 anni.
Nasce a Orta Nova (Foggia) nel 1921 e dopo poche settimane la famiglia si trasferisce in Lombardia. A 14 anni entra come garzone nella fabbrica di ottica Fratelli Koristka, di origine polacca, la più importante azienda di produzione di microscopi e una delle poche industrie di precisione italiane del periodo, lì conosce un operaio esperto di fotografia che gli trasmette la passione.
Entrato nella Resistenza a 22 anni, racconta con le sue immagini le condizioni di vita degli operai e dei lavoratori, nel ruolo di fotografo della Fiom e della Camera del Lavoro di Milano, partecipando in prima persona agli scioperi e alle lotte operaie degli anni ’60, ’70 e ’80.
Da tempo costretto in sedia a rotelle, viveva nella residenza per anziani Don Gnocchi di Pessano con Bornago, rimasto solo dopo la morte di Rosa, la compagna di vita.
I partigiani di Pessano con Bornago lo ricordano così: “Uomo che ha speso la propria vita in battaglie a favore della povera gente scrivendo e denunciando le condizioni di lavoro e di vita delle persone più umili, attraverso l’arte della sua fotografia. Un uomo giusto che ci ha resi migliori perché ci ha insegnato che egoismo e indifferenza sfigurano la nostra umanità, un grande democratico perché non ha mai rinunciato alla difesa e alla promozione dei diritti inalienabili della persona. Ci ha lasciato il testimone che non cadrà. Grazie Silvestre“.
Della sua produzione fotografica, con modestia, diceva:
“A differenza di quelle di Salgado, che denuncia il massacrante e inumano lavoro (per esempio, quello dei minatori nella Sierra Pelada del Brasile), le foto della mia mostra sui lavoratori del cibo non hanno niente di sensazionale. Esprimono solo la mia pretesa di evidenziare un lavoro senza distinzione di persone e di luoghi che non è stato sufficientemente valorizzato, forse perché considerato più come un dono della natura che non un lavoro.
Chiaro e diretto, invece, il suo obiettivo comunicativo:
“Io voglio offrire all’attento visitatore il grave contrasto di chi, curvo sotto un sole cocente, affonda le nude mani nella terra per raccogliere pomodori o l’uva coltivata sotto i tendoni di plastica o nei bassi ceppi o miete il grano con la falce, e chi spesso si nutre a piacimento, senza pensare alla società gravida delle contraddizioni che generano inevitabili ingiustizie sociali”.
Il suo straordinario archivio fotografico (migliaia di pezzi unici) è conservato alla Camera del Lavoro di Sesto San Giovanni e viene periodicamente esposto in mostre dalle importanti tematiche, come quella itinerante dedicata ai “Lavoratori del cibo”, presentata anche all’Expo di Milano.
Giovanni D’Errico