Si è spenta la voce della rivoluzione della dignità

Lina Ben Mhenni è morta a soli 36 anni.

Figlia di Sadok Ben Mhenni, militante marxista imprigionato da Habib Bourghiba, blogger, attivista per i diritti umani e professoressa universitaria alla facoltà di Scienze Sociali, nota a livello internazionale per il suo blog “A Tunisian girl/Una ragazza tunisina”.

Lina Ben Mhenni
Lina Ben Mhenni

Fu lei la prima cronista a raggiungere la città di Sidi Bouzid, dopo la morte di Mohamed Bouazizi, venditore ambulante che si diede fuoco il 17 dicembre 2010.

Si era guadagnata l’appellativo di “voce della rivolta tunisina”, da lei denominata “Rivoluzione della dignità”, che provocò la caduta dell’ex presidente tunisino, Zine El-Abidine Ben Ali.

Caduto il regime, ha continuato la sua encomiabile opera di giornalista attivista, finendo anche per vivere sotto scorta per le minacce di morte ricevute, dato che regolarmente denunciava la corruzione, le torture nelle carceri e attaccava il fondamentalismo del partito islamico Ennahdha.

Il suo sogno dichiarato era una Tunisia democratica e moderna, con un posto per la gioventù e una divisione vera fra politica e religione. La rivoluzione del 2010 era stata per lei una semplice tappa che era solo riuscita a strappare il bavaglio ai tunisini.

Non mi considero una militante ma, nel mio piccolo, un’attivista per i diritti umani. La mia modesta esperienza mi ha fatto capire che le lacrime non sono una soluzione. Bisogna prender la vita a morsi, fare quello che si ama. Bisogna essere felici per poter aiutare gli altri.”

Candidata nel 2011, a soli 28 anni, al Nobel per la Pace, ha ricevuto molti riconoscimenti per la sua attività professionale, il Premio Roma per la Pace e l’Azione Umanitaria, il Premio come migliore reporter internazionale del quotidiano El Pais nel 2011, il Premio Sean MacBride per la Pace, il Premio Minerva per l’azione politica, il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo nel 2014.

Ultimamente aveva aderito al movimento #EnaZeda, traduzione letterale di ’Anch’io‘, versione tunisina del fenomeno mondiale #Metoo a difesa di tutte le donne tunisine molestate.

Era malata di una malattia autoimmune, la donazione d’organo, ricevuta dalla madre, non l’ha salvata, le sue condizioni di salute sono progressivamente peggiorate ma ciò non l’ha fermata dal raccontare i suoi ultimi giorni, soprattutto per denunciare il cattivo stato degli ospedali della capitale tunisina.

Giovanni D’Errico

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