… e c’è Faiza, pochi anni.
Forse non ha scritto nessun Diario.
Forse non sa scrivere. Forse a scuola non c’è mai andata.
Con lei altri 317, tutti piccoli. Il più grande aveva sedici anni. Forse a loro di Hamas ed altre storie interessava poco o nulla.
A loro interessava vivere la propria spensierata infanzia, che continuava a scorrere malgrado sirene e rifugi, razzi Qassam ed esplosivi densi a metallo inerte.
Forse non capivano nulla di politica, di questa o quella fazione, di risoluzioni Onu, di tahdia e di blocchi.
La loro vita s’è fermata, le loro esistenze si sono disciolte: fuse.
Come il piombo fuso che ha dato il nome all’operazione di morte che ha portato via la loro innocenza, i loro anni più belli.
Vittime del proprio invasore, merci di scambio per qualche voto in più in vista di vicini appuntamenti elettorali. Ed il Natale del 2008 si trasforma in un Natale di fuoco.
Fuoco mischiato al sangue: fuso. Come il piombo fuso che ha dato il nome all’operazione di morte che ha portato via l’infanzia di Faiza e Jamila, di Ahmad e Fares.
Son passati ormai dodici anni e nessuno si ricorda di loro. Non hanno una giornata dedicata alla loro memoria.
Vivono solo nei ricordi di chi con gli occhi ha vissuto l’orrore.
Di chi ha sentito il sibilo di tonnellate di bombe. Di chi ha assistito impotente alla distruzione di scuole.
Di chi è sopravvissuto al fosforo bianco le cui fiamme si sviluppano al contatto con l’ossigeno e si estinguono solo con l’esaurirsi del carburante.
Non giocheranno più Faiza,Jamila,Ahmad e Fares. Non studieranno, non si innamoreranno nè si sposeranno e tutto in nome di confini, di strisce, di muri, di linee di demarcazione, di territori separati e non fusi. Come il piombo fuso che ha dato il nome all’operazione di morte che ha portato via i loro sogni di bambini.
Michele Docimo
photo credit: Oxfam Italia CC BY-NC-ND 2.0