Il 12 settembre Donald Trump ha incassato un’importante vittoria nel campo dell’immigrazione, la corte suprema, divenuta a maggioranza repubblicana dopo le sue due recenti nomine, ribaltando la decisione di una corte d’appello, ha deliberato la nuova normativa governativa che vieta a gran parte degli immigrati centroamericani di chiedere asilo in Usa.
Il percorso legislativo è iniziato a maggio quando l’amministrazione Trump ha elaborato il Migration Protection Protocols (Mpp), fin da subito ribattezzato dal presidente “Resta in Messico”, il quale ha inasprito la linea governativa sul fronte migratorio e visto la decisa opposizione delle associazioni per i diritti civili.
Il testo prevedeva la possibilità di rispedire nei paesi di origine i richiedenti asilo latinos, anche se l’esame della loro istanza di protezione internazionale non fosse ancora ultimato, unito ad ingenti aiuti finanziari al Messico, territorio di provenienza della maggioranza degli stranieri che ogni anno provano a varcare le frontiere statunitensi.
A giugno il piano, definito e divenuto operativo, ha introdotto la norma chiave, l’impossibilità di richiedere asilo politico ai migranti che giungono negli Usa dopo aver attraversato un Paese terzo, senza aver fatto lì istanza di protezione internazionale.
La norma, in pratica, dà soltanto agli stranieri provenienti dai confinanti Canada e Messico il diritto a domandare protezione, ma soprattutto, intende dissuadere le carovane di migranti, che in alcuni casi partono dal centro America, e si dirigono verso gli Stati Uniti.
Interessante il virgolettato del giudice Sotomayor, uno dei due che si è dichiarato contrario alla decisione,
“Ancora una volta il potere esecutivo ha fatto una legge che cerca di sovvertire una prassi di lunga data per i rifugiati che cercano di fuggire dalle persecuzioni“.
L’asilo non è un diritto…
Agli antipodi, invece, David Pekoske, vice-segretario per la Sicurezza nazionale, che sintetizza la linea Trump sui migranti con poche e durissime parole,
“Presentare istanza di asilo non è affatto un diritto assoluto, in quanto il suo esercizio deve conciliarsi con il compito, gravante sulle istituzioni federali, di tutelare i cittadini americani dall’immigrazione di massa. Per anni, il nostro Paese è stato sovraccaricato di richieste di protezione internazionale, nel totale disinteresse di tanti Stati centroamericani. È ora giunto il momento di fare finalmente prevalere la salvaguardia dell’ordine pubblico sui principi dei confini aperti e dell’accoglienza indiscriminata”.
Giovanni D’Errico
Photo credit: Ada Trillo dal progetto La Caravana
“Nell’ottobre 2018 sono volata in Chiapas, in Messico, per iniziare il mio viaggio con una carovana di migranti. Erano diretti negli Stati Uniti, in fuga dalla povertà, dalla violenza delle gang e dalla criminalità dell’America Centrale.”
Nel corso di diverse settimane Ada Trillo ha percorso quasi 3mila miglia, fino a Tijuana, al confine con gli Stati Uniti. La carovana è più di una questione politica molto dibattuta: è soprattutto una crisi umanitaria che coinvolge oltre 7mila persone, tra cui quasi 3mila bambini.
Ada Trillo (El Paso, Texas, 1976) è una fotografa documentarista, Vive fra Philadelphia, PA e Juarez, Messico