Il 29 settembre la Chiesa ha celebrato la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2019.
Il Santo Padre Francesco ha pubblicato il messaggio “Non si tratta solo di migranti” col quale ha ben chiarito il significato da dare alla giornata, “Dobbiamo avere un’attenzione particolare verso i forestieri, come pure per le vedove, gli orfani e tutti gli scartati dei nostri giorni“.
Il Papa ha usato il concetto di “abitanti delle periferie esistenziali” vittime, assieme ai migranti e ai rifugiati, della “cultura dello scarto”, figlia di un accentuato individualismo che, unito alla mentalità utilitaristica e moltiplicato dalla rete mediatica, produce la “globalizzazione dell’indifferenza”.
Come sempre Papa Francesco dà un impostazione fortemente politica alle sue parole, puntando direttamente il dito sulle dinamiche economiche mondiali, causa principale delle migrazioni.
“I Paesi in via di sviluppo continuano ad essere depauperati delle loro migliori risorse naturali e umane a beneficio di pochi mercati privilegiati. Le guerre interessano solo alcune regioni del mondo, ma le armi per farle vengono prodotte e vendute in altre regioni, le quali poi non vogliono farsi carico dei rifugiati prodotti da tali conflitti.”
E, infine, sgombra il campo da ogni dubbio sul diritto a migrare, “Milioni di uomini e donne, bambini, giovani e anziani ogni anno lasciano la propria terra in cerca di una vita migliore, di un luogo di pace o di progresso dove poter trovare rifugio e dignità. Si tratta di un vasto movimento di popoli tormentati dalla violenza, dalla fame, dalla disperazione, che cerca aiuto presso i paesi più ricchi e capaci.”
A supporto delle sue parole, l’auspicio della Comunità di Sant’Egidio, affinché “Il tema delle migrazioni sia sottratto all’emotività e alla propaganda politica e venga affrontato con misure di medio e lungo termine, da cui trarrebbero beneficio non solo i migranti, ma anche le società che li accolgono”.
La nota prosegue, “Occorre incentivare le vie di ingresso regolare come sono i corridoi umanitari, che hanno fatto giungere finora in Europa oltre 2.700 persone (di cui più di 2.000 in Italia)”. Corridoi che possono anche contrastare il racket dei trafficanti di persone.
Dopo l’Angelus in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha assistito allo scoprimento, da parte di alcuni immigrati, del gruppo scultoreo in bronzo che raffigura un barcone con numerosi migranti di varie provenienze e periodi storici, i cui volti sono presi da foto e immagini di persone realmente esistite.
L’autore dell’opera, lo scultore canadese Timothy Schmalz, per il titolo, “Angeli inconsapevoli” si è rifatto alle parole di San Paolo, infatti, dalla folla di migranti che cammina accalcata, spuntano due ali di angelo, Sotto i loro piedi, l’imbarcazione richiama i naufragi di questi anni nel Mediterraneo e che rappresenta tutta l’umanità sulla stessa barca.
“Cara madre, perdonami se dalla mia partenza non ho più avuto modo di contattarti, come sai io non so scrivere, per questo mi sto facendo aiutare da un amico che è partito insieme a me…
Ti dicevo del viaggio… quello via terra è stato duro, ma ancora peggiore è stata la navigazione. L’imbarcazione era piena, eravamo tutti ammassati: uomini, donne, bambini.
Avrei tanto voluto portarti con me, nella terra dei sogni, dove c’è il lavoro, dove c’è ricchezza, dove non c’è la guerra, dove i campi si arano con potenti macchine e gli uomini non si ammazzano per un po’ d’acqua. Ma ora che sono qui sono contento che tu non sia venuta.”
Questa lettera fu scritta da un italiano che migrava in America. Un uomo come i 562 italiani tra emigranti e membri dell’equipaggio che morirono annegati e dispersi a causa del naufragio della nave britannica Utopia, il 17 marzo 1891 davanti a Gibilterra.
Nel mar Mediterraneo la nave seguiva la rotta che partendo da Trieste, con gli scali intermedi nei porti di Napoli e di Genova, conduceva i passeggeri a New York.
Giovanni D’Errico