FOGGIA – «L’aria è cambiata, vi ammazziamo tutti». È quanto riferiscono di aver sentito, pronunciate dagli italiani, diversi lavoratori migranti negli ultimi mesi tra Foggia e dintorni sulla strada per andare e tornare dal lavoro.
Ed in effetti il clima degli ultimi giorni, nella provincia, sembra essere proprio quello della caccia allo straniero.
Negli ultimi giorni sono stati almeno 6 i lavoratori, tutti di origine africana, feriti gravemente perché presi di mira da codarde sassaiole ad opera di sconosciuti.
Fra i primi a lanciare l’allarme fu, circa due settimane fa, la Flai Cgil di Foggia che in una nota raccontò quanto accaduto e di come «dei lavoratori sono stati vittima dell’ennesima aggressione – spiegava la nota -, sono lavoratori che vivono nella vecchia fabbrica abbandonata in via Manfredonia, utilizzano lo stabile abbandonato, per dormire e per provvedere alle proprie necessità. Dalla “fabbrica” si recano al lavoro in bicicletta, una piccolissima comunità di poche decine di persone che lavora nei campi della Capitanata, senza caporali, per scelta. Contattano direttamente i datori di lavoro, e si recano sul posto di lavoro, dove fanno il proprio dovere. Non è la prima volta – ha raccontato Daniele Iacovelli, segretario generale Flai Cgil di Foggia – ma in questa occasione ci sono stati dei feriti in modo grave, tanto da dover chiedere l’intervento del 118. Dopo le cure, gli interessati hanno presentato denuncia alle autorità competenti».
L’ultimo episodio, in ordine di tempo. risale alla giornata di ieri: tre ragazzi in bicicletta, mentre andavano al lavoro, sono stati colpiti alla testa ad altezze diverse della stessa strada statale.
Per uno di loro è stato necessario il ricovero in ospedale, con una frattura scomposta orbitozigomatico destra con evidente lesione cutanea ed edema palpebrale, ora in attesa di operazione e di consulenza oculistica.
A denunciare nuovamente questa scia di violenza nei confronti dei lavoratori migranti è l’organizzazione umanitaria InterSos che, con il proprio progetto di sanità mobile, assiste i lavoratori, in massima parte provenienti dall’Africa sub-sahariana, che vivono nei ghetti del foggiano.
«Negli ultimi 10 giorni dalle minacce si è passati ai fatti – dicono da InterSos – una serie di eventi gravissimi e violenti, ripetuti, alla stessa ora dell’alba e nella stessa prima periferia della città di Foggia, in un’area dove abitano diversi lavoratori africani. Il 13 luglio due persone sono state colpite alla testa da pietre lanciate da un’auto. Il 15 luglio, con la stessa dinamica, nella stessa area e sempre all’alba, vengono colpite tre persone, tutte alla testa. Il 17 luglio, di nuovo nella medesima zona e all’alba, mentre si reca al lavoro in motorino, un lavoratore viene speronato da un’auto. Nell’impatto perde un dente e si procura una ferita lacerocontusa al labbro inferiore. Mentre è riverso a terra sente una persona scendere dall’auto e colpisce con forza il motorino. Il 23 luglio, tre persone in bicicletta, ognuna in viaggio da sola verso il lavoro, vengono colpite alla testa ad altezze diverse della stessa strada statale. Una di queste è ora ricoverata in ospedale».
«Già lo scorso anno si sono verificate aggressioni simili, con lancio di bottiglie d’acqua, da auto in corsa, sistematicamente denunciate delle vittime – aggiunge il responsabile di Intersos -. Queste violenze sono state inflitte sempre al sorgere del sole, sempre e soltanto a spese di lavoratori africani. Le vittime hanno riferito che i responsabili sono italiani».
Le persone, dopo aver ricevuto le cure ospedaliere, sono assistite da Intersos per l’aspetto sanitario, da Asgi per l’aspetto legale, e dalla Cgil.
«Le vittime sono fortemente scosse, e così come il resto della comunità dei lavoratori vivono nella preoccupazione di questo clima persecutorio, che si aggiunge alla precarietà dello sfruttamento lavorativo e delle difficili condizioni abitative, senza valide alternative date dalle istituzioni – conclude Alessandro Verona, Coordinatore Medico Unità Migrazioni di InterSos -. Segnali molto preoccupanti che sono stati poco narrati, così come poco narrato dai media è stato l’omicidio di Daniel Nyarko, 51 anni, cittadino ghanese, ucciso il 28 marzo scorso con due colpi di arma da fuoco sparati da ignoti pochi chilometri ad est di Borgo Mezzanone, mentre tornava a casa in bicicletta dopo aver fatto la spesa. Era custode di una masseria, la comunità ghanese ci ha riferito che in passato l’aveva difesa da tentativi di furto, facendo arrestare i ladri. Oltre ad interrompere questa violenza di stampo razzista arrestando gli aggressori, deve essere condannata anche la narrazione politica discriminatoria e strumentale su cui si generano queste brutalità, in clima sempre più inumano».
Michele Docimo
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