Corte di Giustizia Europea: La vita umana vale più di uno status

La giustizia batte un secondo e significativo colpo, stavolta a livello europeo, contro la linea dura sui migranti dell’attuale governo giallo-verde.

A rafforzare il parere della Corte di Cassazione del 26 Aprile 2019 è arrivata la sentenza C-391/16 del 14 maggio 2019 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale afferma che non si può rimpatriare una persona in un Paese dove c’è il fondato timore che venga perseguitata, anche se le è stato revocato oppure non le è stato riconosciuto lo status di rifugiato.

Il lungo iter che ha portato a tale sorprendente conclusione è stato attivato, in Belgio e In Repubblica Ceca, da un ivoriano, un congolese ed un ceceno che si sono visti revocati il riconoscimento dello status di rifugiato sulla base della Direttiva Europea 95 del 2011, che consente l’adozione di questa misura nei confronti delle persone che rappresentano una minaccia per la sicurezza o perché condannate per un reato particolarmente grave.

Le motivazioni

Partendo dal presupposto che il diritto dell’Unione riconosce ai rifugiati una protezione internazionale più ampia di quella assicurata dalla Convenzione di Ginevra, i giudici sottolineano che, benché questa consenta l’espulsione e il respingimento di un cittadino straniero o di un apolide, in ogni caso non prevede la perdita dello status di rifugiato.

E se la Convenzione di Ginevra può privare il rifugiato del beneficio del principio del non respingimento, la Direttiva Europea 95 del 2011 dev’essere interpretata e applicata nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, documento che esclude la possibilità di un respingimento verso un paese dove la vita o la libertà possano essere minacciate e vieta in termini categorici la tortura, le pene e i trattamenti inumani o degradanti, a prescindere dal comportamento dell’interessato e l’allontanamento verso uno Stato dove esista un rischio serio che una persona sia sottoposta a trattamenti di tal genere.

Ribaltando tale principio la Corte di Giustizia UE afferma che queste persone devono essere comunque qualificate come rifugiati, indipendentemente dal fatto che lo status di rifugiato sia loro stato formalmente riconosciuto o meno.

Intanto in Italia…

A poche ore di distanza, il Tribunale di Venezia ha ribaltato la decisione negativa della Commissione Territoriale di Verona sul caso di un richiedente asilo di origini maliane.

Nonostante il maliano non avesse alcun requisito per ottenere lo status da rifugiato, il giudice ha affermato che il ragazzo “ha dato prova di una perfetta padronanza della lingua italiana e per ciò stesso di una seria capacità d’inserimento“. Gli è stato anche riconosciuto di essersi “occupato a tempo pieno in molteplici attività lavorative, dalla vigilanza al lavoro in ristorazione e in agricoltura, di aver frequentato e concluso la scuola secondaria, oltre allo svolgimento di volontariato e di essere in procinto di acquisire la patente“.

In attesa della discussione in Consiglio dei Ministri dell’annunciato Decreto Sicurezza Bis, la cui bozza circola da giorni e sembra mirare agli amici dei migranti (ONG che operano in mare), la giustizia, a più livelli, manda costantemente dei segnali chiari a coloro che hanno la facoltà di contrastare e ridiscutere questa linea che, se paga in termini di voti, produce odio, terrore e intolleranza.

Per leggere la sentenza integrale della Corte di Giustizia Europea [clicca qui ]

Giovanni D’Errico

Parliamone...
0 0 votes
Article Rating
Subscribe
Notificami
guest

0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments
0
Would love your thoughts, please comment.x
Share via
Copy link