Viaggio tra gli italiani all’estero. Racconto di un paese altrove

Lo scorso gennaio ha visto l’uscita di un’interessante pubblicazione, Viaggio tra gli italiani all’estero. Racconto di un paese altrove, il nuovo fascicolo monografico della rivista Il Mulino, arrivata al n. 500, in libreria dal 1951 senza alcuna interruzione.

La struttura del testo (di oltre 250 pagine) non è di semplice fruizione, si tratta comunque di una pubblicazione per addetti ai lavori, non a caso ospita alcuni dei principali esperti di migrazioni in Italia, come Enrico Pugliese cui è affidata l’introduzione e Maddalena Tirabassi, la quale analizza storicamente l’emigrazione italiana contemporanea e con un suo virgolettato ci ricorda che è fondamentale insistere nello studio delle migrazioni perchè «più o meno direttamente tutta la popolazione italiana ha avuto un’esperienza migratoria e più o meno chiunque di noi oggi conosce – perché parente, amico, collega, compagno – qualcuno che ha deciso di lasciare l’Italia per trasferirsi all’estero» (è possibile leggere l’abstract del suo articolo QUI). 

La seconda parte è, invece, un lavoro sul campo di tipo qualitativo e raccoglie 40 storie di italiani emigrati in Europa, negli Stati Uniti, in Asia. Attraverso il loro

racconto si dà una dimensione più intima ed umana del fenomeno migratorio, ricostruendo le motivazioni all’origine del trasferimento, la scoperta delle difficoltà (lingua, ricerca di un lavoro, rapporto con gli altri), il processo di inserimento, il cambiamento del percorso migratorio e della relazione con l’Italia e la famiglia di origine.

La terza parte ha un taglio più metodologico e presenta le diverse forme di auto-narrazione: le lettere e memorie del grande esodo, scritte spesso senza alcuna consapevolezza che un giorno qualcuno le avrebbe lette; l’uso dei contemporanei social network e blog, usati sapendo che un pubblico c’è, anche se spesso sovrastimato.

Siamo in una fase molto positiva di produzione letteraria sui fenomeni migratori e stranamente l’affermazione desta sorpresa, nonostante per sviluppi storico-economici e posizione geografica, l’Italia è da sempre stata al centro del fenomeno. Dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta del secolo scorso, quasi 25 milioni di persone, spesso famiglie intere, hanno lasciato l’Italia. Nel 2007 si registrano circa 36 mila persone all’estero, dato che sale a 50 mila nel 2011, per superare nel 2017 le 128 mila unità. Secondo le stime ufficiali, gli italiani residenti all’estero al primo gennaio 2018 erano più di 5 milioni. Nel 2005 gli emigrati laureati erano il 15%, nel 2016 hanno raggiunto il 24%, dato che arriva al 30%, considerando solo la fascia di età 25-44 (e oltre il 35% considerando solo le donne).

Scomodi soprattutto per chi governa, questi dati sono stati costantemente neutralizzati, insieme all’espressione fuga dei cervelli che ormai nel linguaggio comune ha perso la sua originaria gravità, nonostante ciò rimangono la cifra del lento declino italiano che, per essere arrestato, necessita di una reale inversione di tendenza, affinché la parola futuro non diventi sinonimo di estero, altrove, fuga.

Giovanni D’Errico
photo credit: Giovanni D’Errico 

 

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