La questione migranti è per l’Italia di secondaria importanza rispetto a disoccupazione, debito
pubblico o mezzogiorno ma in questa campagna elettorale, forse per la prima volta, ha avuto un
impatto mediatico davvero notevole.
La coincidenza con diversi tragici fatti di cronaca, Macerata su tutti, ha sicuramente ampliato la sua capacità di spostare voti e portato le forze politiche a dover ben ponderare la comunicazione politica rispetto a tale fenomeno; se da un lato c’è chi rischia parlandone troppo, dall’altro c’è chi non parlandone perde uno dei punti forti del proprio consenso.
Andando nel dettaglio, senza tediare troppo.
Potere al Popolo va dritto al punto: estensione dei diritti sociali per tutti, accoglienza garantita ma nel modello SPRAR con centri di piccole dimensioni supervisionati dalle autorità locali e valorizzazione delle professionalità coinvolte nell’accoglienza. In comune ad altri, anche se con sfumature diverse, troviamo i canali legali e protetti di ingresso in Europa, l’abolizione della Bossi-Fini (con la proposta di rottura del vincolo tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro) e di Dublino oltre alla revisione della legge sulla cittadinanza, unita all’approvazione dello ius soli.
Tra quelle analizzate, Potere al Popolo è la forza politica che ha meglio articolato la proposta, che è più ragionata e meno generica delle altre, una linea che è di sicuro non maggioritaria ma coerente.
Nel programma di Liberi e Uguali di Grasso e Boldrini, dopo il lunghissimo prologo (terrorismo, guerra, pace, riduzione spese militari, riconoscimento diritti) si arriva, solo alla fine, ad una decina di righe nelle quali si fanno delle proposte chiare che ben identificano la linea proposta: gestione razionale delle migrazioni (permesso di ricerca lavoro, abolizione della Bossi-Fini), aspetto da sottolineare è che solo LEU e Potere al Popolo propongono chiaramente qualcosa per i maltrattatissimi migranti economici (che rimangono la stragrande maggioranza); revisione del 1° accesso di Dublino (in comune con M5S e PD) e rafforzamento dello SPRAR con relativo superamento della gestione straordinaria; riconoscimento della cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori stranieri o ha completato almeno un ciclo di studi, ovvero ius soli e culturae riproposti senza timore. Nella sua sinteticità, la linea è chiara e tra i partiti che andranno in parlamento è probabilmente quella più a favore dei migranti.
Il programma del Partito Democratico nasce dalla consapevolezza di aver perso consenso soprattutto su due temi, migranti e scuola, e dà la netta sensazione di voler correre ai ripari, mischiando moltissimo le carte: Europa, Africa, Mediterraneo, Difesa e Sicurezza. Si parla un po’ di tutto in due paragrafi dai quali si evince che il fenomeno va governato, che l’accoglienza ha un limite nella capacità di integrazione ma si deve proseguire sul Piano dell’accoglienza diffusa e che è fondamentale insistere sul processo di integrazione e sulla cittadinanza; l’Africa va aiutata perché se l’Africa cresce l’Europa sta meglio ma va creato un Fondo Europeo per l’istituzione di una guardia costiera e di frontiera. E’ la linea più difficile da definire, di sicuro la questione è volutamente edulcorata attraverso il suo inserimento in un più ampio discorso su sicurezza, difesa e politiche comunitarie, ma l’equilibrio cercato è difficile da raggiungere
insieme all’obiettivo di piacere a tutti.
Tra le forze politiche che potrebbero governare il paese dopo il 4 marzo, il Movimento 5 Stelle è forse quello che più cerca di approfondire la questione e, come LEU, non la pone come problema di sicurezza o difesa nazionale. Le certezze del loro programma: l’immigrazione è un business, per chi fa tratta di esseri umani e chi fa accoglienza; il regolamento di Dublino va rivisto, soprattutto nella logica del primo paese d’ingresso; vanno velocizzate le procedure d’asilo con più Commissioni territoriali per la verifica delle domande e per abbattere i tempi di attesa; c’è bisogno di più coinvolgimento dell’Europa nella gestione dei flussi.
Non mancano i riferimenti alla cooperazione internazionale, alla collaborazione coi paesi terzi, al sostegno delle aree più deboli del pianeta, tema così grande e complesso che in un documento elettorale finisce per essere un aiutiamoli a casa loro un po’ meglio strutturato. Il programma sembra il frutto di una discussione interna che era in corso nel momento in cui è stato pubblicato, luglio 2017, ma che poi ha probabilmente seguito una logica più elettorale, che ha visto in Di Maio il principale megafono: dagli attacchi alle “ONG taxi del mare e in combutta con gli scafisti”, ai recenti “prima gli italiani” e “sbarchi 0”. Una virata che lascia perplessi e che è spiegabile solo come adattamento al cattivo clima mediatico e di opinione pubblica che si è andato via via costruendo intorno ai migranti.
Il Centrodestra ha le idee chiarissime, i migranti sono un problema di sicurezza nazionale: controllo dei confini, blocco degli sbarchi con respingimenti, eliminazione della protezione umanitaria (una finezza per addetti ai lavori) e l’immancabile Piano Marshall per l’Africa. No ai clandestini, stimati in 600mila quelli che non hanno diritto a restare in Italia, no all’Europa di Dublino, omettendo però che fu un governo di centrodestra a firmare tale regolamento e a ricorrere alle ultime sanatorie per regolarizzare gli stranieri non in possesso di titolo di soggiorno, gli irregolari e/o clandestini, anche se questo termine ancora non corrisponde ad alcuna condizione giuridica e rimane un semplice ma pesante stigma sociale.
In una campagna elettorale che passa soprattutto per i social che nonostante il moltiplicarsi delle arene politiche vede il dibattito ridursi a livelli imbarazzanti, non si poteva pretendere che il tema migranti fosse realmente discusso.
I programmi, uno degli strumenti che dovrebbe aiutarci a decidere chi votare, ci consegnano le opposte granitiche certezze di Potere al Popolo, LEU e del Centrodestra e le posizioni di PD e MS5, fluide, ambivalenti e un po’ imbarazzate.
Buon voto!
Giovanni D’Errico
photo credit: Giovanni D’Errico