AOSTA – Nell’estremamente frammentato mondo del lavoro sociale, non esiste solamente la figura dell’operatore sociale, professionalità che negli ultimi anni, in conseguenza delle presunte “emergenze sbarchi” e della pianificazione del sistema dell’accoglienza, ha patito un’attenzione mediatica altissima.
Francesco Piobbichi è, in più, un “disegnatore sociale”, declinando il suo lavoro attraverso la straordinaria abilità in un’altra tipologia di linguaggio espressivo: quello, cioè, della linea e del colore. Ecco che, in virtù di questo talento, è nato il volume “Disegni dalla frontiera”, edito da Claudiana, con
una prefazione di Paola La Rosa e il testo in inglese tradotto da Duncan Hanson.
Piobbichi, lavorando per Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, ha potuto visitare e operare in alcuni dei luoghi più drammatici della recente attualità: drammatici perché lì si svolge tutto il “drama”, tutta l’azione costitutiva e costituente la nuova società dei nostri Anni Dieci.
Da Lampedusa al Libano, da Ceuta a Baalbeck, lo sguardo di Piobbichi ha catturato scene e gesti, le sue orecchie hanno ascoltato storie, le sue mani hanno raccolto mani e stretto visi portatori di altri sguardi e altre prospettive, in questo flusso sociale e umano che oramai è fenomeno costitutivo della nuova nostra realtà. E la sua mano magica ha saputo raccontare queste esperienza non tanto con le parole quanto attraverso linee e colori, producendo una serie di splendide tavole che testimoniano una realtà urgente e pressante, e ancora non risolta.
Quelli di Piobbichi sono drammi a colori, azioni e situazioni che si squadernano ogni giorno, sia che noi ne vogliamo diventare testimoni sia che rifiutiamo e disertiamo al nostro ruolo principale di modellatori di società. Perché la società – questi disegni pare vogliano suggerirci – non eviterà di cambiare per le nostre ridicole pretese: la società già sta cambiando, davanti ai nostri occhi, sotto le nostre mani, e noi cittadini di oggi possiamo solamente renderci veicoli e facilitatori del cambiamento. Ostinarsi a impedire il cambiamento è la più inutile – e stupida – delle risoluzioni possibili.
Nei disegni di Piobbichi ogni lettore ha la possibilità di appropriarsi di una parte legittima del sé, di teorizzare una propria idea di quello che non è stato il futuro anteriore e di quello che ognuno vorrebbe fosse il futuro prossimo, nella consapevolezza che ogni cambiamento inizia e si compie a prescindere dall’individualità del singolo. Perché i cambiamenti sociali appartengono, appunto, alla collettività; e mai all’individualità ristretta.
La nostra capacità di immedesimazione, la nostra volontà di compartecipazione e di empatia diventano ingredienti fondamentali per comprendere totalmente il messaggio che Piobbichi regala e affida attraverso il suo personale viaggio. Piobbichi cerca, partendo dalla sua indagine concreta e pratica, di farci rendere consapevoli di ciò, presentandoci le sue dirette esperienze attraverso un linguaggio artistico che, per certi versi, risulta più immediato e significante, potente e stimolante; che lascia in disparte la parola, ma sottolinea e si ostina sul versante dell'empatia, del sentimento che si riscuote una volta stimolato dall’input visivo. Il disegno non appartiene soltanto ai bambini, ma ci accompagna da sempre; gli adulti dovrebbero finanche riscoprirlo come chiave di decifrazione del reale, potente ed esaustiva.
Giulio Gasperini