[di Michele Docimo] Erano questi giorni di fine novembre del 2010 quando finalmente tornasti. Eravamo preoccupati, sai?
Oddio, preoccupati è una parola grossa, un po’ siamo abituati alla tua vita tumultuosa.
Ma ad aspettare il tuo ritorno erano in tanti. Lo disse anche tua moglie Giusy che ringraziò tutta «la famiglia allargata per avermi dato la forza di andare avanti».
Io non c’ero. Preci un po’ m’intristisce: troppo silenzio, troppo verde, troppa aria pulita, sono fuori dal mio habitat.
C’era il coro, ed un altro coro cantava per te in Brasile. Da un capo all’altro del mondo, come la tua esistenza.
C’era Enrico Deaglio che ti diede del «reporter eccezionale, un fuoriclasse» e io pensai che non c’era bisogno che lo dicesse lui. C’era anche Pino Scaccia che ricordò la vigilia di quelle drammatiche ore «La notte prima cercai di sconsigliarlo, fino a tarda ora, di partire perché era pericoloso. Però non ci riuscii perché vinse lui». Ma com’è possibile che vinci sempre tu?
Questa gionata è un po’ così: dedicata ai ricordi ed i miei ricordi oggi viaggiano, e mi tornano alla mente i tuoi racconti su Linus. Uno in particolare quello delle fogne di Bucarest “schifosamente umide” e dei ragazzini “brutti sporchi e cattivi”.
Pagine di reportage ma anche di letteratura e di impegno civile all’ennesima potenza. Pagine su pagine che mi facevano amare sempre di più questo mio insano vizio di scrivere.
Come dimenticare i tuoi ritratti di personaggi, molto spesso borderline, che in ogni angolo del mondo combattevano per le proprie idee e per la libertà dei loro popoli.
Come dimenticare l’invidia per la tua vita avventurosa da un capo all’altro del globo fra mitra e passamontagna, fra jungle e bunker, fra tank e rapimenti.
Fino a quei maledetti giorni in quell’altrettanto maledetto Iraq. Su Bloghdad leggevo gli appunti elettronici dei tuoi quattro passi fra Iraq e dintorni, e da lì potevo conoscere la reale situazione di quei territori e non quella propinata dagli anchorman “emebedded” (incorporati) come tu stesso li definivi.
Poi arrivò quel maledetto 20 agosto a Latifia in Iraq e quattro giorni dopo eri su Al Jazeera con l’Esercito Islamico (l’Isis non era nemmeno in embrione ancora) che dava un ultimatum di 48 ore all’Italia per lasciare l’Iraq.
Il 26 agosto 2004 l’immagine del tuo volto privo di vita venne pubblicata su un sito riconducibile all’Esercito Islamico.
Da allora del tuo corpo non vi fu traccia e c’hai messo sei anni per tornare… secondo me li impiegasti a viaggiare e raccontare, chissà qual è ora il blog in cui scrivi “cronache celesti”, in cui racconti la divina commedia a modo tuo non come quell’embedded di Dante Alighieri.
Preci, nel frattempo è sempre più triste, e devastata dai terremoti. Da sei anni oramai sei di nuovo qui e, giuro, che prima o poi , quando tutto ritorna alla normalità, vengo a trovarti al cospetto della tua lapide a forma di balena ma se mi fai avere il tuo contatto “ultraceleste” vengo a leggerti e cliccare Mi Piace.
Ora come allora: Bentornato a casa, Zonker!
P.S.: Sono riuscito a rispettare le volontà di Enzo Baldoni che aveva scritto «Alcune parole tabù assolutamente non dovranno essere pronunciate: dolore, perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po’ più freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno».