“L’onda opposta”, un paradosso neanche troppo assurdo

Bombardati dalle immagini, pensiamo di essere fin troppo consapevoli di quale sia la portata del fenomeno migratorio: centinaia di migliaia di persone che premono sui confini della nostra Europa, su più versanti, lungo i più svariati confini.

Ma ovviamente gli italiani in fuga dal nostro paese (più di 100.000 nel 2014) non fanno così notizia: nessuna telecamera è lì a riprenderli mentre si imbarcano sui voli EasyJet o Ryanair e atterrano nelle capitali europee (tanto che Londra è oramai la diciassettesima città italiana per abitanti). I media non danno spazio a questo fenomeno oramai di massa, che sta diventando pericolosamente costitutivo della nostra società: un impoverimento sensazionale di ricchezza umana e professionale a nostro svantaggio.

“L’onda opposta”, romanzo a due mani di Paolo BeccegatoPatrizia Caiffa, edito da Edizioni Haiku nella collana Pop, vuol essere questo: un racconto paradossale ma neanche troppo assurdo, proprio perché effettivamente verificabile.

Un campionario vario di cittadini italiani – chi per nascita chi per acquisizione – decide di imbarcarsi su una nave diretta da Lampedusa in Tunisia: lì tutti hanno intenzione di crearsi una nuova vita e regalarsi un futuro migliore, oramai precluso in Italia. Un percorso inatteso, contrario al buon senso ma concreto e reale nella pratica: a una nazione che si sta impoverendo ce ne sono altre che si stanno affermando come nuovi scenari non più possibili ma persino certi.

Ma nulla procede secondo i piani: dopo una tempesta che viene superata a stento e che pare essere segno premonitore di agitazioni future, gli italiani in volontario esilio vengono arrestati dalle autorità tunisine, perché colpevoli di non aver rispettato le leggi sull’immigrazione di quel paese, entrate in vigore appena il giorno prima. Una crudele beffa della burocrazia che capita ogni giorno agli stranieri nel nostro paese. Un cambiamento di prospettiva repentino e alienante, un mutamento che ci mette spalle al muro, inchiodando le nostre prospettiva dal punto di vista di chi arriva. Gli italiani, nel romanzo, sono portati in un campo, confinato nel deserto estremo, lontano dai riflettori e dal chiassoso vociare di telegiornali e giornalisti a caccia del sensazionale; lì languiscono i destini e i futuri di tanti uomini e donne, persino bambini, dichiarati rifugiati dall’UNHCR e dalle organizzazioni internazionali ma che lì stanno, abbandonati a loro stessi, in un inspiegabile limbo di permessi e burocrazie lente. Lì, in questo universo che mai si sarebbero aspettati di popolare, gli italiani si scoprono capaci di molto, sviluppando per lo più una nuova identità, alimentata dalla necessità ma anche da una lenta – ma radicata – presa di consapevolezza di cosa la vita possa essere, in un altro altrove.

Un romanzo a due voci, “L’onda opposta”, che ha il pregio di parlarci in maniera documentata e puntuale di immigrazione, cercando al tempo stesso di non fare propaganda o di creare polemiche ma di far immaginare il lettore in un’altra prospettiva, gettando uno sguardo più lungo e lungimirante delle sterili chiacchiere da bar che spesso, attorno a quest’argomento, fioriscono e vengono alimentate. Perché le persone che si spostano hanno volti, storie, sogni e talenti. Non sono soltanto numeri che alimentano grafici o rapinatori di welfare. E riempiono la realtà più di quanto i media non ce lo possano testimoniare.

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