Illegalità legale (e legiferata) dei migranti

Andrea Staid, I dannati della metropoli, Editore: Milieu Edizioni, ISBN: 9788898600076

 

È appena uscita, per Milieu Edizioni, una ristampa, arricchita coi i disegni estremamente eloquenti e i film di Francesca Cogni, de “I dannati della metropoli” di Andrea Staid, uno studio etnografico sui migranti e i loro territori, così friabili, di legalità e illegalità nei quali sono contenuti e trattenuti. Questo studio si fonda sull’osservazione partecipante, una modalità di lavoro che Staid spiega diffusamente nel primo capitolo del volume: un principio che si fa risalire a Malinkwski nel 1900.

Staid espone capillarmente le ragioni per cui ha deciso di utilizzare questa particolare tecnica etnografica e metodologia di lavoro, in particolare con la finalità di offrire la prospettiva e il punto di vista del migrante nel modo più cristallino, chiaro e puro, genuino.

Nel secondo capitolo, Staid passa a descrivere nel dettaglio le modalità dei viaggi dei migranti e delle loro rotte, sia quelle più note, che arrivano alla ribalta della cronaca, sia quelle più sconosciute ma non meno drammatiche. Nel terzo capitolo, ancora, Staid affronta invece la questione dei CIE e, particolarmente, delle rivolte che hanno caratterizzato questi centri di detenzione portandoli spesso alla chiusura o al ridimensionamento dei posti a disposizione: il CIE non è più semplice luogo di detenzione provvisoria, in attesa di una probabile espulsione; diventa un non-luogo, un vuoto umano e normativo, un buco nero dove il migrante perde tutto, dalla nozione del tempo, al diritto alla salute alla considerazione di sé stesso come persona e come essere umano.

La questione della carcerazione viene approfondita da Staid anche nel quarto capitolo de “I dannati della metropoli”, che già dal titolo dimostra il suo debito (ma anche modello) nei confronti de “I dannati della Terra” di Frantz Fanon. Ma è il quinto capitolo del testo che offre al lettore un’avventura speciale e stimolante: è lo studio che Staid ha dedicato al palazzo in via Bligny 42 a Milano, più famoso con l’appellativo di “fortino della droga”, un microcosmo di vite e di storie che diventa paradigma di una società più sana di quella che vive al di fuori da quel cortile e da quegli appartamenti.

Ciò che dà molto valore al lavoro di Staid è la componente umana, la voce che viene data di migranti, in prima persona. Sono migranti che vengono da lontano ma anche italiani che si spostano da sud a nord, come Pia, la portinaia di via Bligny 42; sono loro le voci che raccontano, sono loro le storie che vengono raccontante senza l’intermediazione di giornalisti o pseudo-tali che piuttosto manipolano e stravolgono.

I migranti che vediamo alla televisione, e che sembrano tutti uguali, depersonalizzati e omologati al prototipo che noi abbiamo in mente, si riappropriano così di ogni aspetto che li riguarda e che li identifica, restituendo a noi i valori indispensabili, in questo contesto, dell’individualità e della specificità. Perché è vero che tanti sono quelli che migrano, ma ogni migrante lo è per sé stesso.

I due documentari di Francesca Cogni, che arricchiscono il testo, raccontano proprio i due aspetti principali analizzati nel libro di Staid: “42 – Storie da un edificio mondo”, realizzato nel 2009, racconta il palazzo di via Bligny 42 e le sue tante quotidianità, mentre il secondo, “Sui bordi – dove finisce il mare” del 2013, documenta il viaggio verso la “Fortezza Europa”, utilizzando entrambi un mix di linguaggi che integrano quello della ricerca antropologica.

Giulio Gasperini

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