Senza Sponda, La coscienza “zapping” dei nostri Anni Dieci

Marco Aime, Senza sponda, Editore: UTET, ISBN: 9788851134181

senza sponda
Marco Aime non ha dubbi e nel suo nuovo pamphlet, “Senza sponda”, edito da UTET, lo sottolinea senza alibi né giustificazioni: la nostra è, oramai, una coscienza “zapping”. Una sensibilità, cioè, che trattiamo al pari di un palinsesto televisivo: cambiando canale ogni volta che quello che vediamo ci rattrista, ci coinvolge troppe, ci pone delle domande alle quali non abbiamo voglia di trovare una risposta.

Perché l’ignoranza è meno faticosa, meno impegnativa: non ci obbliga a metterci in discussione né a dover documentarci o porci delle domande di cui magari temiamo i verdetti. E così come guardiamo la televisione per puro svago, preferendo quei programmi che non ci lasciano sospesi a nessun pensiero, a nessuna richiesta urgente, a nessun coinvolgimento profondo, così nella vita ci siamo arroccati in un apartheid morale, in un desiderio di porre una distanza insormontabile, che neanche i sensi di colpa possano perforare. Non siamo più in grado di gestire la tragedia; particolarmente, quella umana, e ancora di più se riguarda gli altri e non noi stessi.

Questa ostilità sta maturando in maniera dirompente e palese nei confronti dei profughi che da qualche anno stanno approdando, in fuga da guerre e persecuzioni varie, sulle coste dell’Italia (ma non solo). Ci siamo scoperti, di nuovo, razzisti, come se l’essere razzista non fosse più una nota di demerito ma un nuovo merito sociale, ponendo al primo posto tutto ciò che è direttamente “nostro”: il nostro lavoro, la nostra casa, le nostre città, la nostra sicurezza. La cittadinanza viene, in questo senso, intesa come unica discriminante per poter avere o non dover avere diritti, confondendo il “diritto” all’appartenenza giuridica e amministrativa alla nazione.

Secondo Aime ci siamo di nuovo ri-condotti a uno stato tribale, mentre il mondo e le merci si stanno sempre più globalizzando: anche la “etnicizzazione del crimine”, di cui esplodono i giornali, ne è una prova evidente: perché tutte le nigeriane devono essere prostitute, perché tutti i rom ladri, perché tutti i non meglio identificati arabi terroristi? Perché questo ci aiuta a sentirci più protetti, meno responsabili di disastri e mancanze di cui spesso anche noi siamo parte in causa. La cultura, infatti, secondo Aime, si viene a identificare come un “dato biologico”, erroneamente, creando una sovrapposizione fasulla e fallace che confonde la cultura con la “razza” e a dare significato del tutto erroneo al concetto di “radici”, una “metafora abusata che riduce gli esseri umani a piante, legate, loro sì, a una terra e a una terra sola”. La nostra società, quell’Europa che vergognosamente nel 2012 ha vinto il Premio Nobel per la Pace, per aver “contribuito all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa”, considera i migranti ancora peggio che piante. Sono persone, i profughi, destinate a non aver mai concessa una sponda, un Sahel, dove finalmente approdare per trovare pace e le stesse degne opportunità del resto del mondo; sono, continuamente, gettati inconsapevoli sul palcoscenico mediatico di una società che riduce tutto a uno slogan, che grida l’arrivo del “barbaro” e distoglie l’attenzione dai problemi reali e concretamente strutturali.

Giulio Gasperini

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