Non bastano navi e presidi di solidarietà per i migranti: è questa la denuncia che oggi Medici Senza Frontiere ha voluto porre all’evidenza dell’opinione pubblica in tre conferenze tenutesi in contemporanea a Roma, Atene e Bruxelles. Le prime capitali dei due Paesi a collasso logistico e politico sulla tematica dell’immigrazione, la terza sede dei palazzi istituzionali di un’Unione Europea che ora è in realtà più divisa che mai.
L’organizzazione internazionale, fondata nel 1971 da un gruppo di medici francesi e già premiata con il Nobel nel 1999, è il maggiore ente intercontinentale nel fornimento di assistenza medica volontaria nelle zone a collasso sociale e sanitario del terzo mondo, e forte di tale legittima autorità nel campo della solidarietà umanitaria sente il dovere morale di elargire la propria idea di accoglienza nella bufera mediatica di questi giorni. “L’attuale sistema, compreso il regolamento di Dublino, chiaramente non sta funzionando – dichiara Loris De Filippi, presidente di MSF Italia – La pratica di rimandare in Italia le persone vulnerabili che rientrano nel regolamento di Dublino dovrebbe essere sospesa immediatamente. Devono essere intraprese azioni urgenti per consentire ai richiedenti asilo in arrivo alle frontiere meridionali dell’Europa di ottenere l’assistenza e la protezione cui hanno diritto secondo le direttive europee.”
E’ una tematica dagli avvicendamenti planetari quella dell’immigrazione europea, che vede chiamato in causa anche chi all’apparenza non ha nessuna competenza a riguardo. Persino Richard Gere, in Sicilia per la presentazione del suo ultimo film che ha per protagonista guarda caso proprio un “emarginato”, ha ribadito il concetto di sensibilità umana che deve accompagnare la rielaborazione delle norme europee in materia di accoglienza ed asilo: ed è esattamente ciò che MSF chiede ai leader del Vecchio Continente in vista del Consiglio Europeo del 25 e del 26 giugno. I muri diplomatici innalzati da nazioni quali Gran Bretagna e Spagna si accompagnano ad una inquietante mercificazione dell’essere umano, concretizzatasi nel ping-pong che ormai va avanti da giorni a Ventimiglia, al confine italo-francese, dove la polizia transalpina fa in modo che sudanesi ed eritrei non varchino quella frontiera che per loro potrebbe significare fuga da un destino di morte, e dove proprio MSF con un presidio per la gestione dei bisogni di base cerca di riportare dignità a chi sembra averla smarrita nelle acque del Canal di Sicilia.
I numeri dei migranti che arrivano in Italia e Grecia sono piuttosto stazionari rispetto ai dati degli scorsi anni, ma ciò che rende insostenibile l’attuale stato di cose è la polemica riguardo le risorse da mettere in moto per salvaguardare la vita di chi fino ad ora è stato lasciato marcire nei fatiscenti centri d’accoglienza sicule o nelle inadatte strutture dell’arcipelago ellenico: nell’isola di Kos, la Lampedusa del Mar Egeo, l’unico stabile posto a dormitorio dei siriani e degli afghani che arrivano stremati dal mare è il Capitano Elias, campo abbandonato alle sue pessime condizioni architettoniche e rinsavito solo grazie alla presenza di MSF Grecia, che si occupa di fornire quei servizi basilari che una gestione statale praticamente inesistente fa mancare. “Il deterioramento della situazione non è certo dovuto a numeri ingestibili di migranti e rifugiati – afferma Aurelie Ponthieu, esperta in tema immigrazione di MSF – ma è piuttosto il risultato di carenze croniche delle politiche europee nella gestione dei nuovi arrivi. Gli stati membri passano il tempo a discutere di chiusura delle frontiere e costruzione di barriere o a darsi ultimatum reciproci. In questo modo non si fermeranno gli arrivi, ma si comprometterà la collaborazione tra stati per assistere le persone più vulnerabili”.
L’azione di MSF sembra tradursi in un’azione di “rattoppamento” laddove manca il contributo dell’autorità istituzionale: parlano i dati derivanti dall’attività dei medici volontari, da cui è facile desumere di come le estreme condizioni di salute di chi giunge alla meta geografica del proprio esodo derivino soprattutto dalla completa contravvenzione alle norme igienico-sanitarie all’interno dei centri di prima accoglienza, di cui è correa la mancanza di contributi umani prima che economici da parte dell’Unione Europea.
“Vogliamo vedere la stessa determinazione messa in atto nel soccorso in mare anche nel garantire condizioni di accoglienza umane e dignitose in Europa” ha detto Manu Moncada, coordinatore delle operazioni di MSF per la migrazione in Italia, Grecia e Balcani. “Invece di parlare di solidarietà tra gli stati membri, è tempo per l’Unione Europea di agire concretamente per aiutare persone che fuggono da terribili crisi umanitarie e trovare un accordo su politiche che siano efficaci, umane e basate sulla compassione per le persone, piuttosto che confermare un atteggiamento ostile di respingimento istituzionale”. In attesa di un principio di accordo con chi finora ha dimostrato solo cinismo nei confronti di una situazione che tange i il rispetto dei diritti umani, è già partita la virale campagna di MSF con l’hashtag #VergognatiEuropa: l’icastico e spregiudicato appello per recriminare una “unione” oggi disattesa da chi, anni fa, se ne fece ambasciatore.
Mariano Scuotri