La salsa di pomodori solidali sfida il caporalato

BARI – I pomodori sono di Giuseppe, giovane neolaureto precario e di Abdul, lavoratore immigrato, che dopo essere stato per anni sfruttato dal caporalato, ora ha un suo piccolo appezzamento di terreno in Basilicata.

Le bottiglie, invece, sono tutte materiale da riciclo: barattoli, bottiglie di birra, vasetti, lavati e sterilizzati.

La distribuzione è dal basso e il lavoro a sfruttamento zero, come dice l’etichetta “Sfrutta-zero”, nata in forma di protesta contro il caporalato e ogni forma di abuso sui lavoratori.

Si chiama “Netzanet”, il progetto ideato dell’associazione Solidaria nell’ambito di un percorso di riappropriazione di spazi abitativi in Puglia. Nell’ex liceo Socrate di Bari, dove vivono famiglie di immigrati e giovani disoccupati, è nata infatti l’idea della produzione solidale di salsa di pomodoro biologica ma soprattutto a filiera etica.
“Il pomodoro in Puglia ha da sempre una forte valenza simbolica – sottolinea Piergiuseppe Lasalandra, dell’associazione Solidariala nostra regione è infatti tristemente nota per lo sfruttamento di migranti nella raccolta di questa materia prima, che è anche una nostra ricchezza. Abbiamo quindi deciso di avviare la produzione di conserve che da una parte rispettassero i lavoratori, dall’altra unissero due categorie che spesso si tende a mettere l’una contro l’altra: gli immigrati e i giovani disoccupati. Il messaggio prevalente è che gli stranieri vengano qui a rubarci il lavoro, a questa logica noi vogliamo contrapporre quella dell’unione di due soggetti che oggi vivono in prima persona gli effetti della crisi, con una precarietà diffusa e a tempo indeterminato”.

Per la raccolta dei pomodori l’associazione ha scelto di affidarsi a due contadini che assicurano il rispetto dei diritti dei lavoratori: Giuseppe, giovane laureato in lettere che fatica a entrare nel mondo del lavoro, e che pur continuando a fare concorsi all’università, per ora lavora la terra. E Abdul che dopo anni di sfruttamento è riuscito a ribellarsi al caporalato e oggi ha un terreno suo da coltivare nella vicina Basilicata.

La produzione della salsa di pomodoro, invece, è fatta insieme dai rifugiati che occupano i locali dell’ex liceo barese e da giovani, studenti e disoccupati.

Per poter pagare in maniera equa le persone che hanno partecipato al progetto, sia in fase di raccolta che di trasformazione, abbiamo lanciato un crowdfunding con cui abbiamo raccolto circa duemila e seicento euro. La paga è stata di circa sette euro l’ora, contro i due che normalmente si pagano nelle campagne – aggiunge Lasalandra – ma in casi di grave sfruttamento c’è anche la raccolta a cottimo che prevede una paga di tre euro a cassone”.

L’associazione Solidaria sposa inoltre la filosofia della rete Genuino clandestino, le salse a sfruttamento zero saranno vendute solo in mercatini, fiere o attraverso i Gas (gruppi d’acquisto solidale).

Siamo contrari alla grande distribuzione – aggiunge Lasalandra –perché spesso è all’apice della piramide di sfruttamento che viene portato avanti nei campi. Per fini commerciali si cerca di livellare verso il basso i prezzi delle materie prime a discapito dei diritti sindacali dei lavoratori. Venderemo quindi i nostri prodotti dal basso, attraverso i mercati e le fiere, in una logica tutta diversa di distribuzione”.

Parliamone...
0 0 votes
Article Rating
Subscribe
Notificami
guest

0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments
0
Would love your thoughts, please comment.x
Share via
Copy link