Le nuove regole – che una volta avvenuta l’approvazione formale degli eurodeputati in plenaria, probabilmente ad aprile – saranno vincolanti, prevedono che sia più difficile effettuare dei respingimenti in mare aperto e rafforzano il principio di non refoulement, ovvero il non respingimento in patria degli immigrati che rischiano di essere soggetti a violenze, torture, persecuzioni o violazioni dei diritti umani nei loro paesi d’origine o nel paese scelto da Frontex per lo sbarco. Inoltre viene sancita la non perseguibilità penale per chi soccorre migranti in mare in condizioni di difficoltà. Ciò vuol dire che i pescatori di Lampedusa, ad esempio, non saranno più ritenuti criminali solo perché aiutano i barconi di disperati.
Il testo definisce le varie fasi delle emergenze nelle operazioni di recupero in mare e stabilisce che le unità operative che partecipano alle ricerche e ai salvataggi sotto l’egida di Frontex abbiano il dovere prima di tutto di salvare vite umane. Inoltre il documento chiarisce la confusione delle diverse interpretazioni sul ruolo delle pattuglie in mare date finora dagli stati membri.
Vengono poi stabilite prassi da seguire per cui bisognerà prima identificare e dare aiuto alle persone che richiedono protezione internazionale, fra cui i minori non accompagnati, le vittime di traffico e altre categorie vulnerabili di migranti prima di poter adottare una qualsivoglia misura coercitiva.
Per quanto riguarda il principio di non respingimento, comunque mai fino ad ora adottato da operazioni a guida Frontex (le uniche a cui le nuove regole si applicano) le guardie di confine dovranno dare determinate garanzie prima di sbarcare un immigrato in un paese terzo, come ad esempio la sua identificazione, una valutazione del suo caso e del paese in cui viene sbarcato, e comunque il comportamento delle guardie di frontiera sarà soggetto a ispezioni.
Infine passa il principio della solidarietà e responsabilità condivisa tanto voluto dall’Italia, per cui gli Stati che sono soggetti a forti pressioni migratorie potranno – in condizioni di emergenza – avere accesso a risorse tecniche, finanziarie e umane messe a disposizione anche grazie all’aiuto degli altri paesi dell’Unione Europea.