Ma Marco Cavallo, il grande cavallo azzurro di cartapesta realizzato nel manicomio di Trieste non poteva più aspettare, erano quasi due secoli che attendeva quel momento. Così, i matti presero una grande rincorsa, con Franco Basaglia spinsero il cavallo fino al portone dell’ingresso principale e lo sfondarono portando trionfale il nitrito di libertà di Marco nella città di Trieste. E da lì in un viaggio itinerante che non si è ancora concluso, volto a superare i meccanismi dell’istituzionalizzazione psichiatrica. In questi giorni Marco Cavallo sta attraversando l’Italia, è passato anche ad Aversa e Secondigliano, e da qui si è mosso per raggiungere la piazza del Parlamento. L’obiettivo di Marco Cavallo è oggi quello di denunciare il perpetuato orrore degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, richiamando alle proprie responsabilità le istituzioni e la società civile.
A distanza di due anni dalla denuncia della Commissione Marino che comportò la sdegnata presa di posizione del Presidente della Repubblica e giunse alla previsione normativa per il loro superamento, la chiusura degli opg non solo è già stata prorogata ad una data, il 31 marzo 2014, che quasi certamente sarà ulteriormente rimandata. Soprattutto, si sta determinando un sistema di parcellizzazione di queste strutture, profilando l’apertura di tanti piccoli manicomi su base regionale. Resta immutata la logica di fondo degli internamenti manicomiali, non viene in alcun modo scalfita la previsione delle misure di sicurezza, perpetuando la prassi degli ergastoli bianchi legata ad una possibilità di continua proroga della pena che ne elude il caposaldo democratico della certezza.
Non si affronta il nodo decisivo dell’imputabilità del sofferente psichico, si definisce normativamente il ruolo custodialistico della psichiatria, e nel frattempo, in questo limbo di attesa, come già accaduto per la chiusura dei manicomi civili,progressivamente peggiora la condizione degli internati: in attesa della loro chiusura nessuno interviene per la manutenzione strutturale, si interrompono le progettualità in corso, la terapia viene a coincidere con l’utilizzo massivo dei farmaci, il personale interno, nell’incertezza del proprio futuro lavorativo, cerca piuttosto soluzioni occupazionali alternative. In questo contesto, su impulso della campagna nazionale “Stop opg “, Marco Cavallo ha ripreso il proprio viaggio per i diritti e la libertà. Perché discutere di Opg e internamento vuol dire innanzitutto affrontare le questioni relative alla libertà e alla sua tutela all’interno della nostra società, nel suo confronto con il potere. Chi scrive ha recentemente ritrovato un memoriale scritto nel 1974 da un internato nel manicomio criminale di Aversa, Aldo Trivini. Denunciava in prima persona, col supporto di un video clandestino realizzato con una super8 introdotta nel manicomio, le violenze, le morti, la mortificazione dei più elementari diritti che si ripetevano quotidianamente tra quelle mura. È impressionante verificare la sostanziale sovrapponibilità delle parole di Trivini del 1974 con quelle utilizzate nel 2010 dalla Commissione europea per la prevenzione della tortura dopo una visita ispettiva all’Opg di Aversa. Al di là dell’evoluzione nominale, la logica, le prassi e la strutturazione del manicomio criminale sono rimaste inalterate nel tempo.
Oggi, di fronte ai cambiamenti in corso, si palesa con evidenza il rischio che, al di là del ventilato superamento, resti inalterato quello che Franco Basaglia definiva il fascino discreto del manicomio. Il nuovo viaggio di Marco Cavallo lo porta di fronte ai cancelli ancora chiusi dei manicomi criminali con la consapevolezza che non basterà aprirli per abbattere le possenti mura, materiali e immateriali, di questa istituzione totale. Piuttosto, si avverte l’esigenza di costruire una nuova utopia della realtà .
photo credit: Michele Docimo