L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) sta collaborando con il Ministero della salute sudsudanese, l’Organizzazione sanitaria mondiale e altri partner per cercare di controllare la diffusione dell’epattite E che ha ucciso 16 rifugiati in tre diversi campi nella Maban Counti, nello Stato dell’Upper Nile.
Medici Senza Frontiere Olanda (MSF) ha iniziato a seguire dei pazienti provienti dal campo rifugiati di Jamam che avevano manifestato un ittero acuto per la prima volta nel tardo Luglio. L’ittero può essere un sintomo dell’epatite E che, a sua volta, provoca danni al fegato.
13 sui 16 decessi sono avvenuti nel campo di Jamam che ospita circa 20mila rifugiati e dove sono stati registrati 225 casi di ittero acuto. Due persone sono morte a Yusuf Batil che ospita 37mila rifugiati e dove 77 persone hanno contratto l’ittero acuto. L’altra persona è invece deceduta a Gendrassa, in cui vivono 10mila rifugiati e dove è stata diagnosticata la stessa sindrome a 52 persone.
L’epatite E complisce in genere persone giovani di etá compresa fra i 15 e i 40 anni. Nei tre campi in cui l’Agenzia ha diagnosticato la sindrome da ittero acuta, piú della metà dei rifugiati colpiti hanno un’età compresa tra i 20 e i 39. L’epatite E è particolarmente pericolosa per le donne incinta; per questa categoria di persone il tasso di mortalità varia tra il 20 e il 25%. Tra i rifugiati che sono morti, 5 erano donne incinta.
Insieme con i suoi partner l’Agenzia sta cercadno di migliorare la situazione nei campi e di aumentare la quantità e la diponibilità di acqua potabile. Le inondazioni e l’uso di ristagni d’acqua contaminati come fonte di approviggionamento idrico hanno messo a dura prova i rifugiati del Sud Sudan.
L’UNHCR continua anche a promuovere le buone pratiche igieniche a livello personale e della comunità in tutti i campi del Sud Sudan. I messaggi destinati ai rifugiati mirano a diminuire le probabilità di contrarre il virus, evitando di bere acqua non depurata, di mangiare cibo crudo o lavato con acqua contaminata e di lavarsi in containers comuni. L’Agenzia sta anche promuovendo l’adozione di altre pratiche, quali lavarsi le mani, non defecare alla’perto e non lasciare che gli animali defechino nelle case.
Finora non si sono registrati casi di Epatite E nella popolazione locale.